“Plastic pollution has emerged as the second most ominous threat to the global environment, after climate change”
Il problema planetario dell’inquinamento da rifiuti di plastica è ormai generalmente noto. Tuttavia riteniamo utile fornire qui alcuni dettagli e sottolineare alcuni aspetti, per poterne meglio comprenderne la portata, la assoluta gravità e le prospettive. In particolare per la plastica che si trova nei mari, laghi, ed oceani.
Dall’inizio
Dall’inizio della sua produzione negli anni 50, sono state prodotte circa 9 miliardi di tonnellate di plastica, e di questi circa 170 milioni (fonte EU di qualche anno fa) si trovano oggi nei mari ed oceani. La produzione di plastica del solo 2019 è stata di circa 400 milioni di tonnellate. Praticamente, salvo la piccola parte bruciata negli inceneritori, TUTTA la plastica prodotta dall’inizio esiste sempre…
Oggi
Il quadro peggiora sempre di più, perché ogni anno vengono ‘rovesciati’ in mare altri 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica (alcune stime arrivano a 12 milioni di tonnellate). E’ come se ogni 30 secondi venisse scaricato in mare un grosso camion di rifiuti, tutti i giorni, tutti i mesi, tutti gli anni.
Una volta raggiunto il mare o l’oceano…
(fonte: Pubblicazioni ONU)
Domani
Continuando con i ritmi odierni, nel 2025 ci sarebbero nei mari e oceani una tonnellata di plastica per ogni tre di pesce. Nel 2050 il peso totale dei rifiuti di plastica sarà già diventato maggiore di quello di tutti i pesci contenuti in tutti gli oceani.
Purtroppo…
D’altra parte invece i pesci diminuiscono, sia per l’overfishing che per le conseguenze dell’inquinamento da plastica.
Conseguenze dell’inquinamento da plastica
- Pericoli per la vita degli animali marini,
- Danni agli ecosistemi marini,
- Pericoli connessi alla catena alimentare
- Danni alle attività di turismo costiero
- Danni all’attività della pesca
- Danni alle attività di trasporto marittimo
- Coste e spiagge piene di rifiuti di plastica, con relativi:
- costi per ripulire (e sperabilmente per riciclare, ove possibile, o smaltire correttamente)
- danni al turismo costiero e insulare, al diporto nautico e alle attività ricreative
- Danni all’attività della pesca
- Una sempre più grande parte del contenuto delle reti è costituito da rifiuti di plastica
- Danni alle attività di trasporto marittimo, e pericolo per la loro sicurezza
- Danni agli ecosistemi marini, poiché è enorme la quantità di rifiuti, di tutte le dimensioni, che ormai ricopre e soffoca grandi aree del fondo marino dove si trovano i nutrimenti di pesci e animali marini. Inoltre i rifiuti di plastica vengono utilizzati come «autostop» da specie invasive (alghe), che così possono andare ad installarsi a migliaia di miglia dalle loro zone di origine, danneggiando o distruggendo le specie locali.
- Pericoli e danni per la vita degli animali marini, che non potendo distinguere la plastica dal cibo, mangiano ormai più plastica che cibo. Ma la plastica non può essere digerita e produce, a partire dal plancton e fino ai più grandi uccelli e mammiferi marini, un effetto perverso: con lo stomaco pieno (di plastica) si ha la sensazione di sazietà e quindi non si cerca altro cibo. Il poco cibo vero presente non può fornire l’apporto energetico necessario, con il conseguente declino dell’efficienza fisica, l’incapacità di muoversi, nuotare, volare, ecc., fino alla morte.Secondo l’UNESCO sono oltre 100.000 i mammiferi che muoiono ogni anno per colpa dell’inquinamento da plastica. Contemporaneamente vi sono gravissimi danni provocati dalla plastica incontrata: soffocamento da sacchetti di plastica, impiglio in reti abbandonate (con conseguente morte per annegamento, fame, strangolamento, ecc.), ferite con infezioni oppure impedimento allo sviluppo provocati da anelli o altre forme e oggetti di plastica
- Pericoli per la catena alimentare. All’inizio della catena alimentare marina c’è lo zooplankton, che si nutre aspirando acqua e trattenendo come nutrimento il fitoplankton. Ma ora insieme al fitoplankton trattiene anche nanoplastica, con conseguenze che vanno da negative a letali. Il problema si rinnova e si amplifica ad ogni passaggio della catena alimentare, poichè il pesce grande mangerà plastica credendola cibo, e mangerà il pesce più piccolo, e la plastica che contiene.E così via, fino al pesce mangiato dall’uomo.
E per l’uomo?
Che la plastica che si può trovare (e si trova) nell’organismo umano sia di per sé dannosa è cosa ancora dibattuta. In ogni caso le microplastiche e nanoplastiche che entrano nel corpo umano possono depositarsi e accumularsi negli organi, compreso il cervello. La necessaria ulteriore ricerca ci dirà. Ma non ci sembra una buona ragione, nel frattempo, per continuare a mangiarla, salvo scoprire poi che: Si, effettivamente è molto dannosa.
Questo per parlare della plastica “pura”.
Sono invece notoriamente tossici per l’uomo…
Potrà in definitiva risultare che i rischi per la salute umana e per tutte le forme di vita dell’ambiente marino siano anche peggiori di quanto fino ad oggi accertato.
Perché esiste tutta questa plastica?
La plastica è praticamente indistruttibile. Ed è una cosa apparentemente assurda che sia usata nella stragrande maggioranza per produrre oggetti che vengono usati per pochi minuti e poi gettati nella spazzatura. Ma solo apparentemente. In realtà nessuno sarebbe interessato a produrre oggetti che le famiglie acquisterebbero una volta ogni 50 o 100 anni. I produttori e i grandi utilizzatori hanno quindi cominciato presto ad introdurre nel mercato il concetto “usa e getta” la cui praticità e il basso costo hanno fatto presa sul consumatore…
Di contro sono sempre molto potenti le resistenze da parte dei produttori, ad assumere la responsabilità e a sostenere i costi dell’inquinamento provocato. Resistenze attuate con varie campagne e lobbying per dilazionare o svuotare di contenuto le nuove normative, per crearsi o rinverdire la loro (falsa) immagine di organizzazioni eco-responsabili, o per trasferire al consumatore e alla collettività le responsabilità e i costi del “dopo l’uso” : raccolta, trattamento, eventuale riciclaggio, ma soprattutto in molti paesi in via di sviluppo, i costi della “non raccolta”, in termini ormai gravissimi di pesante inquinamento globale spesso irreversibile, danni economici, ambientali, biologici, ecologici, della salute umana.
Come arriva negli oceani la plastica?
Purtroppo, principalmente da zone della terra densamente popolate e con gestione rifiuti inesistente o quasi. Solo circa il 20% sella plastica presente nei mari ha origini marine (navigazione, pesca, itticoltura e allevamenti di mitili e ostriche) L’80% proviene invece dalla terraferma e, in particolare, da 8 grandi fiumi, di cui 6 sono in Asia: Amur, Fiume Azzurro, Fiume Giallo, Mekong, Gange, Indo, Nilo, Niger. Per il Mediterraneo, la parte maggiore la producono il Nilo e un paio di fiumi Turchi…
E’ doveroso notare che i rifiuti di plastica che vengono sversati nell’oceano per esempio da un fiume del sud-est asiatico non sono stati necessariamente tutti prodotti nei paesi attraversati da quel fiume. Infatti molti paesi “Occidentali”, che sono i maggiori produttori di rifiuti di plastica, hanno trovato una maniera economica ed elegante di sbarazzarsi di quei rifiuti, inviandoli a compiacenti paesi in via di sviluppo. Qui giunti, poiché non sanno cosa farne, i rifiuti vengono abbandonati nella natura oppure riversati appunto nei fiumi, da dove ovviamente arrivano al mare. Il fenomeno è aumentato di importanza dopo che la Cina, che li acquistava per le proprie necessità industriali, ha deciso di porre fine a questo tipo di approvvigionamento. Recenti norme internazionali proibiscono ora il traffico di rifiuti di plastica di questo genere, eccetto quando il governo del paese destinatario ha manifestato il suo specifico consenso.
Stiamo parlando di esportazioni legali. Ma rimangono sempre quelle che aggirano le norme, e quelle illegali.
“Limiti Planetari”
Ricordiamo infine che la plastica è uno degli elementi presi in considerazione dal processo “Inquinamento chimico e rilascio di nuove sostanze” delle “Planetary Boundaries”, o Limiti Planetari:
- “l’inquinamento chimico e rilascio di nuove entità, cioè composti radioattivi, metalli pesanti, e una vasta gamma di composti organici e organismi biologici, prodotti dall’uomo. L’inquinamento chimico e biologico influisce negativamente sulla salute dell’uomo e degli ecosistemi, ed è causato dalla diffusione incontrollata delle materie plastiche, dall’uso di diserbanti e pesticidi e di prodotti farmaceutici, di antibiotici e ormoni nell’allevamento”.
Già nel 2009 sulla rivista scientifica Nature è stato pubblicato un articolo, a firma di 29 tra i maggiori scienziati esperti di scienze della Terra e di scienza della sostenibilità, in cui si identificavano i principali processi che regolano la stabilità e la resilienza del sistema terrestre, proponendo – per questi processi – dei limiti quantitativi entro i quali l’umanità può continuare a svilupparsi e prosperare per le generazioni a venire. Questi limiti furono battezzati “planetary boundaries”, o limiti planetari, e superarli aumenta il rischio di generare cambiamenti ambientali improvvisi o irreversibili su larga scala.
Tratto dal sito https://www.connettere.org/i-limiti-planetari/ al quale rimandiamo per la lettura completa.